clip 08: ancora soglie e traguardi

la mostra Henry Moore, gli ultimi dieci anni

nelle corti di Castelgrande a Bellinzona e del Maschio Angioino a Napoli

Come abbiamo visto nella clip 07, nella Galleria Sculture di Castelvecchio Scarpa può ristrutturare il castello in ragione delle opere che vi disporrà: può dar forma a un luogo nel quale, alla fine, è impossibile separare architettura e allestimento. Può farlo anche perché si tratta di un museo, di un’esposizione permanente.

Nelle mostre temporanee, invece, quasi sempre si tratta -molto più umilmente- di adattare l’allestimento e la disposizione delle opere al luogo ospite: o, per meglio dire, di usare il luogo ospite nell’allestimento. E’ il caso dei due lavori che seguono.

 

La mostra dedicata a Henry Moore – Gli ultimi 10 anni, del 1995, fu allestita in due sedi successive, prima a Castelgrande di Bellinzona (8.1), e alcuni mesi più tardi al Maschio Angioino di Napoli (8.2): due castelli nel cuore di due città.

In entrambe le sedi nelle sale interne furono esposti i disegni e i modelli di studio -ossia i modelli in scala ridotta di grandi sculture-, e, all’aperto, nelle corti dei due castelli, cinque sculture monumentali.

 

Circa gli interni, a Bellinzona, abbiamo visto il gioco delle quinte e dei traguardi nella lunga Sala dell’Arsenale di Castelgrande (clip 05).

A Napoli, nel Maschio Angioino, le caratteristiche degli ambienti messi a disposizione per la mostra -un largo corridoio -quasi uno spazio di risulta- in cima alle scale ed una sala di superficie insufficiente e di proporzioni infelici- costrinsero troppe opere in troppo poco spazio. Nella pianta (8.3) è riportato lo studio dei traguardi per ogni singolo snodo del percorso, ma, nonostante queste e altre attenzioni, il risultato in questi interni non poteva essere esaltante (8.4). L’affollamento e le caratteristiche immodificabili dei luoghi rendevano impossibile dare ogni opera -o gruppo di opere- il respiro -il silenzio- necessario, e tanto meno permettere il corretto rapporto tra visitatore e singola opera.

 

Circa gli esterni, il progetto dell’installazione delle sculture monumentali nelle due sedi partì dalle stesse premesse, ma giunse a esiti molto diversi.

Quali erano le premesse?

Nelle due corti non era possibile modificare nulla. Non era possibile neanche ‘isolare’ le sculture dai contesti, dai luoghi in cui andavano installate, né creare quinte per selezionare sfondi e traguardi. La sfida era trovare le forme di un ‘dialogo’ tra le sculture e i luoghi così com’erano. Cosa intendiamo per dialogo?

Facciamo un esempio.

Quali relazioni intercorrono tra un obelisco e il luogo in cui lo si installa?

Un obelisco è una metafora dell’asse di rotazione del mondo: è il centro, è un punto di riferimento, un punto rispetto al quale tutto ciò che è intorno deve fare i conti. Il sito nel quale si colloca un obelisco, qualunque sia la sua natura, diventa uno spazio dotato di un ordine, diventa un luogo. Cosa significa ordine in questo caso?

Immaginate di spostare l’obelisco di piazza San Pietro, a Roma. Dovrete comprendere o cercare nuove regole nelle relazioni tra l’obelisco, l’ellisse della piazza, il colonnato, la facciata della basilica, il grande -e sbagliato- viale della Conciliazione. E ad ogni ipotesi di ricollocazione troverete un ordine -ossia un sistema di relazioni- e una simbologia diversi.

 

A Bellinzona e a Napoli, il problema era dunque trovare una disposizione e un ordinamento in grado di accordare tra loro -come fossero strumenti musicali- sculture e luoghi.

In entrambe le sedi, il percorso prevedeva che il visitatore entrasse nella corte -dove avrebbe trovato le sculture monumentali-, e poi dalla corte accedesse agli spazi interni.

 

A Bellinzona, la corte di Castelgrande è chiusa su tre lati: ci sono gli edifici del Museo (8.5.2, A) e dell’Arsenale (8.5.2, B), le due torri (8.5.2, C) e, tra queste, la porzione di cinta muraria (8.5.2, D). Il lato libero si apre sul panorama mozzafiato delle Alpi.

L’accesso alla corte era qui possibile da due “porte” (8.5.2, 1 e 2). Dunque, considerando anche l’ingresso alle sale interne della mostra (8.5.2, 3), vi erano tre punti di passaggio obbligato per il visitatore: tre soglie.

Lavorammo quindi incrociando tre ordini.

Il primo consisteva nel disporre le sculture in un circolo. Benché ai limiti di una percezione inconsapevole, il circolo legava tra loro le opere, componendole in tutt’uno richiuso all’interno delle corti.

Il secondo ordine consisteva nello spostare le sculture lungo quel circolo secondo la vista che si apriva da ognuna delle tre soglie (8.6,  8.7), in modo tale che i percorsi di avvicinamento da ognuna delle soglie in direzione delle sculture proponessero un allineamento -un traguardo- tra ogni scultura e un determinato scorcio del castello: vedi ad esempio, a partire dalla soglia 1, l’avvicinamento al Guerriero di Goslar (8.8,  8.9,  8.10).

Il terzo ordine prevedeva che ogni allineamento trasversale tra le sculture disposte in circolo configurasse un confronto non solo tra di loro, ma anche tra queste ed un’ulteriore porzione del castello o del paesaggio sullo sfondo (vedi, ad esempio, 8.11).

In breve, semplificando fortemente, abbiamo cercato di dare un ordine alla disposizione delle sculture attraverso una selezione orientata delle parti e delle differenti opportunità offerte dal luogo ospite.

E viceversa: abbiamo cercato di selezionare determinate inquadrature del luogo ospite con l’ordine impresso dalla disposizione delle sculture.

 

Proviamo a generalizzare. Possiamo riflettere sull’esperienza del visitatore anche secondo un’altra prospettiva.

 

Nei rapporti tra corpo umano e spazio, si ha la tentazione di dire che il percorso ha lo stesso ruolo che il discorso svolge nell’universo della parola.

Il discorso nello spazio di una pagina compone le parole in sintagmi e in proposizioni. Analogamente, il percorso nel tempo di una visita compone le immagini che ad ogni passo si presentano di fronte al visitatore: ad ogni passo di un percorso -infatti, e in modo speciale su determinate soglie- l’allestimento propone al visitatore una visione complessa -una costellazione– prodotta dall’interazione simultanea e unitaria di differenti sistemi significanti, di diversi linguaggi -nel nostro caso la scultura di Moore e l’architettura del castello-.

Ma ad ogni passo successivo le costellazioni si modificano. Ad ogni passo, le nuove costellazioni inevitabilmente e inavvertitamente si compongono e si confrontano con le prime, le precedenti -quelle che, impresse nella memoria, verrebbe voglia di definire una sorta di imprinting-.

In questo modo anche qui il percorso diventa un racconto, una narrazione, di cui il visitatore è protagonista e coautore. E la narrazione -si sa- è forse il più antico mezzo di organizzazione dell’esperienza, della memoria, dell’apprendimento, della comunicazione.

 

A Napoli, è analogo il gioco dei traguardi a partire dagli ingressi -e qui anche dalla terrazza- (8.12), ma tutto il resto è diverso. La corte del Maschio Angioino, infatti, non possiede né l’articolazione spaziale di Castelgrande, né il fantastico respiro, la profondità offerta dagli orizzonti lontani proprio a ridosso delle alte incombenti torri di pietra. Può offrire solo i noiosi prospetti di una caserma otto-novecentesca.

Dunque, a  Napoli, nella corte non si potevano proporre rimandi tra opere e architetture.

D’altra parte, in quella città, e soprattutto ad agosto, vi è qualcosa che Bellinzona non ha. Vi è la violenza del sole. Vi è un gioco di contrasti che soltanto il sole del Mediterraneo può offrire. Un gioco di tagli di luce accecante e ombra accecata che ruotano di ora in ora con il sole, e che di ora in ora rinnovano relazioni, sfondi e contesti diversi (8.138.148.15).

Le fotografie non restituiscono l’esperienza reale. Si vede troppo. Girando intorno alle sculture, nella corte, agli occhi dei visitatori abbagliati apparivano profonde ombre nere e piatte facciate sbiancate dalla luce fino quasi a sparire. Di fronte agli occhi dei visitatori, restavano a giocare tra loro soltanto le sculture e i tagli di luce.

In conclusione, anche nella corte del Maschio Angioino abbiamo messo insieme opere e proprietà del luogo: una proprietà, una caratteristica tanto unica e fondamentale quanto immateriale: la luce.

 

Nella corte, unica eccezione alla monotonia delle caserme è il gotico della cappella. Ed è con la cappella che alla fine del percorso interno, sulla terrazza, fu possibile riproporre un dialogo tra opere e architettura (8.168.17), ben descritto da un episodio.

Il curatore della mostra -inviato dalla Henry Moore Foundation- aveva chiesto di trovare il modo per far capire ai visitatori che Moore poneva la propria opera sulla scia della tradizione delle antiche civiltà del Mediterraneo, in particolare della cultura Cicladica. Ad esempio, diceva, bisognava spiegare che la figura della madre con il bambino (8.17) si rifaceva ai miti della Grande Madre. In cantiere, all’atto della posa della scultura sul basamento di blocchi di tufo, un operaio, alzando lo sguardo e vedendo alle spalle della scultura l’alta vetrata della cappella, esclamò: “Dotto’, ma chista è ‘a Madonna!”. Il curatore fu molto soddisfatto.

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8.1  Bellinzona – Castelgrande

 

 

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8.2  Napoli  – Maschio Angioino

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8.3_57-Moore Na pianta int copia

8.3  mostra Henry Moore – Gli ultimi dieci anni, Maschio Angioino, Napoli 1995

studio dei traguardi negli interni e sulla terrazza

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8.4  sala interna

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8.5  Henry Moore – Gli ultimi dieci anni, – Castelgrande, Bellinzona, 1995

studio per la disposizione delle sculture monumentali nella corte di Castelgrande

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8.6  traguardo dall’ingresso alla corte (cfr. 8.5.2, 1)

8.7_DSCN0779 copia tagliata copia

8.7  traguardo dall’ingresso alla Sala dell’Arsenale (cfr. 8.5.2, 3)

8.8_DSCN0786 copia 2

8.8  H.Moore, Guerriero di Goslar

8.9_38-DSCN0787 copia 2

8.9

8.10_40-DSCN0789 copia corr copia

8.10

8.11_34-DSCN0784 copia 2 stretta copia

8.11

 

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8.12_48-Moore Na pianta esterni copia

8.12  Henry Moore – Gli ultimi dieci anni, Maschio Angioino, Napoli 1995

studio per la disposizione delle sculture monumentali nella corte del castello

 

 

8.13_55-DSCN0812 verticale copia

8.13  le sculture monumentali e la luce

 

 

8.14_52-DSCN0808 copia 3

8.14

 

 

8.15_54-DSCN0811 copia 2 tagliata copia

8.15

 

 

8.16_61-Moore Na terrazza 1corr copia

8.16  sulla terrazza

 

 

8.17_63-Moore Na terrazza 2corr copia

8.17